Le tecnologie che cambiano la testa degli uomini

Il registratore di Leon Scott

Il registratore di Leon Scott

SALVA CON NOME

Ho un certo interesse morboso, portato avanti per fortuna con grande indolenza e senza nessuna passione, per i momenti che hanno determinato, tramite un cambio di tecnologia, un cambiamento nella vita dell’uomo.

Ieri notte stavo cercando informazioni sulla nascita della scrittura, soprattutto nel passaggio da sistema mnemonico a strumento espressivo e sono finito in questa cosa che non sapevo, che trovo assolutamente affascinante.

Popoli mesopotamici, circa 8000 a.c. non sanno ancora scrivere, ma è normale, nessuno sa scrivere. Però iniziano a dover tener conto. Metti che presti del farro a qualcuno, degli animali, vuoi ricordarti.

Allora si inventano i token, piccoli oggetti simbolici, sfere, coni, cilindri. Ogni token rappresenta un tipo di bene e più token ovviamente sono più unità del singolo bene.

Con il passare dei millenni questi token inglobano sempre più metadati, piccoli segni o mutamenti di forma permettono di indicare che tipo di animale si sta rappresentando, il sesso o l’età.

E fin qua tutto normale, ci sarebbe arrivata anche terzogenita di suo.

Ad un certo punto però questi token vengono raggruppati. Ad esempio per memorizzare un debito o custodire un unita di calcolo complessa. E magari questa cifra la si vuole tenere sicura, senza che ci sia il rischio che qualcuno la manometta o si corrompa.

Che fanno i Sumeri? Prendono un po’ di argilla, la modellano a palla, ci fanno un buco dentro, ci infilano i token, richiudono l’argilla, disegnano un sigillo e scaldano l’argilla, in modo che diventi dura.

In questo modo “salvano” la cifra, non usano gli hard disk o le SSD, ma palle di argilla. Dure palle di argilla.

Se qualcuno vuole aprire la palla per modificare o manomettere il token, deve proprio spaccarla, rendendo la manomissione manifesta.

C’è però un problema: l’argilla non è trasparente. Una volta che infili i token dentro la palla non li vedi più e quindi non puoi sapere che cifra hai memorizzato. Dovresti spaccarla per vederlo.

Qui l’idea.

I sumeri prendono l’abitudine di premere i token sull’esterno della palla di argilla, quando ancora è morbida, prima di metterli dentro. In questo modo resta il segno dei token che sono stati inseriti dentro. Una volta chiusa e scaldata la palla, basta vedere i segni che sono fuori della palla per capire i token che sono dentro. Non sei costretto a spaccare la palla per conoscere la cifra salvata.

Ecco la svolta.

Ad un certo punto qualcuno si rende conto che non è nemmeno necessario mettere i token dentro alla palla.
Basta il segno
. I token non servono più.

La scrittura.

Press Record to Remember

Ho continuato la mia esplorazione, sono andato a cercare un altro momento chiave, molto più vicino a me, che ha influenzato e sta influenzando la società e la cultura delle persone: ho cercato quando fosse stata fatta la prima registrazione audio.

Pensare a un mondo in cui non vi fosse la riproducibilità tecnica sonora, e poi il prodigio di potere memorizzare – nel tempo – i suoni. E la scoperta che ho fatto è stata che anche questo passaggio parte con una scrittura.

L’inizio di tutto è stato infatti – probabilmente – nel 1857, con il fonautografo di Édouard-Léon Scott de Martinville, un macchinario che permetteva di trasformare il suono in linee tracciate su carta o vetri anneriti con il nerofumo.

Si trattava di una macchina per studiare, graficamente, l’ampiezza e la forma delle onde sonore. Non era in alcun modo possibile riprodurre il suono: semplicemente la voce veniva trasformata in linee ondulate su fogli.

Bene: questi fogli sono stati conservati, e una decina di anni fa sono stati ripresi, digitalizzati e sono stati scritti software che – leggendo le onde sonore “disegnate” – potessero fare il percorso inverso: riconvertire rumori, voci, canti dalla carta al suono.

Sono così emerse voci che erano state “registrate” su carta quasi centosessanta anni fa: un canto di Au Clair de la Lune e Vole Petite Abeille, i primi versi dell’Aminta del Tasso e altre cose ancora.

11. ottobre 2019 by fabrizio venerandi
Categories: digitale & analogico, generative music | Leave a comment

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