Ho finito di leggere Portal, e i miei anni ottanta hanno un pezzo in più

Schermata da Portal

Allora, ho finito Portal. Direi che le cose più emozionanti e belle che ho letto in questo 2020 appena terminato sono state Portal e Kentucky Route Zero.

Portal soprattutto è stato un viaggio ancora più incredibile perché è stato come entrare in un mondo parallelo nel quale, nel 1986 la Activision aveva pubblicato un romanzo elettronico con scelte incredibilmente avanti per i tempi, e invece non è un mondo parallelo, ma è successo davvero.

Giocavo/leggevo a Portal nel 2020 (ma direi che in questo caso è il secondo verbo quello che vince) e nello stesso tempo ci stavo giocando a sedici anni, nel 1986.
Si tratta di una cosa molto personale che non so se riesco a spiegare appieno: un pezzo del mio 1986 me l’ero perso, non lo avevo vissuto, e con questa lettura ho colmato un buco che mi era rimasto dentro.

Mi chiedo cosa sarebbe successo se mi fosse capitato fra le mani nel 1986. Temo – paradossalmente – che lo avrei messo via dopo qualche ora e non lo avrei capito. È una lunghissima narrazione, tutta in inglese e con molti neologismi. Non so se avrei trovato l’energia per buttarmici dentro.
Penso che il Venerandi sedicenne del 2020 se lo sia goduto molto di più di quanto avrebbe potuto fare l’Ave Princeps del 1986.

Al di là di essere un buon romanzo di fantascienza, con alcune ingenuità e con alcune gran belle pagine, è una grossissima opera di letteratura elettronica, di esercizio di costruzione di un mondo e piena di giochi letterari. È un grosso esercizio di intelligenza con il lettore.

Il frammentare un mondo in microatomi testuali, un vero e proprio database diviso per tematiche relazionate tra loro da link non formalizzati, che vengono distribuiti man mano che si “spulcia” tra questi atomi in maniera più o meno casuale, dà un senso di libertà e di curiosa scoperta di quello che la storia poi, di tanto in tanto, porta avanti.

Ma quando apri un atomo della sezione storica, dove trovi una cronologia di avvenimenti che hai già scoperto e poi di avvenimenti di cui non sai ancora nulla, e poi la AI destinata allo storytelling ti presenta un frammento di romanzo in cui viene sviluppato un pezzo di quella storia che ancora non conoscevi, e tu leggi questo pezzo di romanzo e ci credi, e il frammento finisce, e te ne viene presentato un secondo in cui la AI destinata allo storytelling ti dice che ha mentito e in un ulteriore frammento ti racconta la metodologia narrativa che ha usato e le informazioni da cui è partita per scrivere il pezzo di romanzo che hai già letto, mettendo in dubbio la propria affidabilità nel rendere romanzo cose che lei desume soltanto dai dati informatici che ha trovato nel database, e il suo tormento e il suo annichilimento nel raccontare una storia dell’umanità che è nello stesso tempo reale e invenzione personale, ecco: quanta roba.

Quanta roba e quante idee, e quante previsioni anche di un mondo telematico che era ancora agli albori e che l’autore riesce a inventare, prevenire e scimmiottare in maniera davvero sorprendente: gigabit, intrattenimento virtuale, alienazione.
Tipo, erano anche già previste le notifiche. Mentre sto accedendo al database scientifico cercando notizie su un luogo-non luogo in Antartide chiamato Terminus, mi arriva una notifica lampeggiante del software di storytelling, Homer, che mi avverte di aver trovato altre informazioni per me sul suo database. Così mi sposto nel database e continuo la mia lettura/ricerca. L’ho fatto con l’immediatezza con lui lo faccio con lo smartphone, poi dopo un secondo mi sono reso conto che stavo usando un Amiga 1200.

Alla fine mi è apparso l’ultimo atomo, quello finale, l’ho letto, l’ho chiuso e io mi aspettavo che tutto finisse, che apparisse la scritta PORTAL, il titolo, che si spegnesse tutto e invece no, il database è ancora lì come se niente fosse, e io mi sono detto, andiamo a rileggermi la fine che magari ho capito male, ed era sparita.

Sono stato un’ora a rileggere gli atomi di testo di tutte le sezioni, senza trovare “l’ultima pagina del libro”.

Ora, siccome sono una persona semplice ma ho bisogno di chiarezza, sono andato a prendermi un lettore esadecimale e mi sono scandagliato tutti i codici esadecimali del floppy amiga con il loro corrispettivo ascii (non sono un mostro) fino a trovare il codice dell’atomo e me lo sono potuto rileggere e avere conferma che era sparito dalla mia sessione di gioco/lettura.

Ecco, questa cosa che Portal rimuova “la pagina finale del libro” dopo avertela fatta leggere, direi che è un ottima epifania per un’opera aperta.

01. febbraio 2021 by fabrizio venerandi
Categories: ebook recensioni, Interactive Fiction, videogame | 2 comments

Comments (2)

  1. Ciao,
    Non ti conoscevo ancora, ma ho conosciuto, apprezzato e mi sono meravigliato (oserei dire che ho provato a migliorare il mio inglese) per portal su un Apple //c nel lontano 1986.

    Era il futuro e non lo sapevo.. ma quasi lo si intuiva.
    Mi ricordo anche io la strana sensazione di aver perso il finale dopo averlo letto…

    Grazie per avermelo fatto ricordare e andare a ricercare

    • Grazie a te. E beato te che te lo se goduto negli anni ottanta. Per me è stato un colpo di fulmine, oggi, figurati negli anni ottanta…

Rispondi a fabrizio venerandi Annulla risposta

Required fields are marked *