Non è importante quante volte cadi, ma il jack per le cuffie

È uscito un nuovo iPhone, il sette e subito sui social si sono sbizzarriti per criticare questa o quella scelta radicale di mamma Apple, in questo caso la rimozione del jack audio. L’iPhone 7 non ha più il jack audio, come il mio Macbook air non ha il cd/dvd né la ethernet, come il Macbook 12” non ha nulla tranne la USB-C e come il mio vecchio iMac bondi blue, nel lontano 1998 non aveva il floppy disk.

Mamma Apple precorre i tempi e innova? Quello che fa oggi Apple lo faranno gli altri domani?

È possibile, come no. Di Apple si ricordano più facilmente le macchine riuscite e le innovazioni fatte al momento giusto. Per tornare al vecchio iMac del 1999, la coraggiosa rimozione del floppy, almeno in europa, arrivò troppo presto e buona parte degli iMac che vidi in quegli anni aveva un floppy disk USB esterno per continuare ad accedere ai dati e ascoltare il mondo windows che avrebbe comunicato a colpi di floppy disk ancora per molto tempo. Così come Apple si dimenticò di innovare il lettore dvd, procrastinando l’immissione del masterizzatore cd/dvd per molto tempo (salvo poi pentirsi del ritardo e fare un mea culpa).

Accanto a macchine azzeccate Apple ne ha fatte di poco fortunate (qualcuno ricorda il Cube?). Innovare non è detto che sia sempre la cosa giusta, se lo fai troppo presto o nel mercato sbagliato.

Chi scrive è uno di quelli che stigmatizzò l’uscita del primo Macbook air: una macchina senza porte, senza ethernet, senza dvd? Il tutto per essere più sottile? Chi se ne frega che sia piatto: è un computer, non un cellulare! Così pensavo, e oggi uso quasi solo quello. Lavoro senza quelle cose che un tempo ritenevo obbligatorie e ne soffro e ne godo nello stesso tempo.

L’idea un po’ romantica della macchina perfetta, è romantica. La tecnologia permea le cose che abbiamo attorno, come un gas. Cerca ogni spazio della nostra vita per regolarne consumi e metadata. Resistere è futile, ma interessante. Abbandonarsi è comunque vitale.

09. settembre 2016 by fabrizio venerandi
Categories: Mercato del lavoro, Programmazione | Leave a comment

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