Alcune domande sul futuro della lettura digitale

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Ho partecipato ieri ad un interessante dibattito con Gino Roncaglia, Cristina Mussinelli e Gregorio Pellegrino a Tempo di Libri. Molti i temi toccati, partendo da quella che era la realtà di sette anni fa fino ad arrivare al panorama contemporaneo e le linee di sviluppo per il futuro. Spero sia stato utile per i partecipanti per avere una idea di quello che è l’ebook oggi e di quello che si appresta a diventare nei prossimi anni.

Molte domande sono nate spontaneamente tra noi relatori e tra chi ci ascoltava, e non a tutte ho potuto rispondere. Mi sono segnato però sul mio ebook reader alcuni punti a cui tenevo dare una risposta, anche se in differita.

Le cose che gli editori chiedono di inserire nelle specifiche degli ebook sono davvero utili o sono paranoie che non hanno sempre ragione d’essere?

Il mio punto di vista è che l’ebook, come prodotto editoriale, deve fare convivere tre tradizioni differenti nello stesso luogo. La prima è quella dell’editoria classica che ha bisogno di riportare in digitale tutta una serie di strutture che fanno parte della sua tradizione lavorativa; la seconda è quella della lettura on-line, il linguaggio del web sviluppato dal W3C fino ad oggi; la terza è quella della letteratura elettronica, dei prodotti culturali che si sono sviluppati forzatamente fuori dal libro e fuori dal web, in genere in applicazioni dedicate. L’ebook è un incrocio di queste tre strade e le specifiche hanno il non facile compito di assorbire e rendere coerente ed omogeneo il linguaggio diverso e specifico di ognuna di queste tre istanze. Se una delle tre parti vincerà sulle altre due, sarà una perdita grossa per la lettura in digitale. Ho bisogno di capolettera, glossari e note a piè di pagina, come ho bisogno di link referenziati e struttura gerarchica, come ho bisogno di testi che si modificano nel tempo, si annidano, interagiscono con chi legge.

Il browser è un buon modo per leggere?

Il browser è un ottimo modo per leggere cose pensate per essere lette su un browser. Il browser è un ottimo esempio di come un media impatti i contenuti che vengono scritti per lui. Se il browser vorrà essere utilizzato per leggere contenuti diversi, più impegnativi, per letture più prolungate, dovrà necessariamente cambiare. Un link dovrà essere un richiamo a un contenuto presente in qualche altro luogo della mia pubblicazione digitale, ma il browser mi dovrà permettere di capire quale tipo di relazione c’è tra questa cosa che sto leggendo e quella che mi viene linkata e soprattutto mi dovrà permettere di fare qualcosa con la parte linkata, e questo qualcosa non dovrà necessariamente essere l’abbandono di quello che sto leggendo per saltare altrove. Il mio browser dovrà permettermi di leggere contenuti lunghi, ricordandosi fin dove sono arrivato a leggere quando abbandonerò la lettura e la riprenderò successivamente. Mi dovrà permettere di annotare quello che sto leggendo, di linkare facilmente concetti ad altri concetti presenti nella pubblicazione o in altre pubblicazioni. E tante altre cose.

Si è scelto HTML perché è più pratico, ma è davvero la scelta migliore?

Ovviamente no. HTML è poverissimo. Ma è una scelta pragmatica e – inoltre – le specifiche utilizzano la versione XML di HTML, XHTML. Ci sono altri dizionari XML che si potrebbero aggregare a questo cuore (penso ad esempio al mai sfruttato XLink), e si potrebbero creare nuovi attributi per specifiche sempre più coerenti con il prodotto editoriale. La storia ci insegna che il percorso è tutto meno che lineare: nelle specifiche dell’ePub2 c’era già una cosa chiamata XML Island che avrebbe in teoria permesso di utilizzare qualunque dizionario XML, anche TEI, anche DocBook. Non hai mai avuto nessuna fortuna e nessun supporto. Io credo che si andrà avanti con la formazione di idee e specifiche per supportarle che di volta in volta mostreranno la loro fortuna d’implementazione. Alcune resteranno, altre spariranno nel nulla.

Ma ePub2 non è sufficiente a fare quello che il pubblico vuole? C’è davvero bisogno di EPUB3?

ePub2 è sufficiente a riprodurre, non molto bene peraltro, il libro statico di carta, se semplice. Quindi la risposta potrebbe essere: ni, l’ePub2 è sufficiente per creare un pubblico base che voglia leggere dei romanzi in digitale invece che su carta. Per qualunque altra cosa più sofisticata di un semplice romanzo a scorrere, ePub2 mostra limiti importanti.

Ma chi legge libri e chi vuole cose interattive e multimediali sono lo stesso pubblico? I secondi non sono forse dei gamer?

Non esiste il lettore di libri di carta contrapposto al gamer: esistono tanti lettori di carta, tantissimi, che leggono cose molto diverse gli uni dagli altri in maniera completamente personale. Alcuni di questi non avranno nessun interesse per gli ebook interattivi o multimediali, altri troveranno invece in questo tipo di testi una epifania, la realizzazione compiuta di cose che avevano già viste su carta. È possibile che si intercettino anche nuovi lettori con questo tipo di testi? È possibile, uno dei miei figli ha passato l’estate leggendo creepy pasta su una App android, l’altro ha letto per mesi fanfiction in forum dedicati. Ma non mi focalizzerei sulla conquista di territori, quanto sull’arricchimento della proposta editoriale digitale. Meglio che questa avvenga con le pubblicazioni digitali e con specifiche aperte, prima che qualcosa di più grosso lo faccia peggio, con vincoli maggiori e con minore digit-diversità.

12. marzo 2018 by fabrizio venerandi
Categories: digitale & analogico, ebook concetti generali, EPUB3 | Leave a comment

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