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Piattaforme Social: risorse all’estero, pattumiere per le testate italiane

Per qualche settimana ospiterò su mio blog Ludovica Brunamonti, in Quintadicopertina ormai da diversi mesi, in attesa che abbia uno spazio tutto suo. M. Cecilia Averame

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Chiunque sia iscritto a Facebook si sarà accorto di trovare sempre più spesso le notizie attraverso questo social network. Sulla bacheca degli amici è all’ordine del giorno conoscere fatti, leggere articoli e condividerli, arrivando ai siti dei diversi media proprio attraverso i social.

Recentemente la giornalista Carola Frediani, esperta di nuove tecnologie e fondatrice dell’agenzia Effecinque, durante la seconda edizione del Festival della Comunicazione di Camogli, ha parlato di Giornalismo e social media “in una relazione complicata” definendo Facebook come “un mezzo dominante nella diffusione delle notizie, alle quali si arriva attraverso finestre sparse per la rete”.

A conferma di questa percezione, secondo lo studio condotto dalla piattaforma di content analytics Parse.ly riferito al mese di luglio 2015, Facebook avrebbe superato Google nella diffusione delle informazioni online, raggiungendo una quota di traffico pari al 38,3% contro il 35,8% del motore di ricerca di Mountain View.

Editori e giornalisti di tutto il mondo guardano il social network di Zuckerberg come uno spazio sempre più appetibile e non a caso Facebook lo scorso maggio ha annunciato il lancio di Instant Articles, servizio già attivo nella diffusione immediata delle news. I lettori si trovano di fronte a contenuti da consultare all’interno della piattaforma senza cliccare alcun link ed essere reindirizzati, risparmiando tempo. Sul sito i partner che hanno scommesso sulla nuova funzione non sono certo gli ultimi arrivati, come The New York Times, National Geographic, The Guardian e BBC News.

La tendenza generale indica lo spostamento della ricerca di notizie da parte degli utenti verso differenti canali, mentre gli editori riflettono su innovative opportunità di diffusione dei contenuti. Come gestiscono questo nuovo flusso d’informazioni le testate cartacee italiane?

Senza titoloDurante Digit, il festival nazionale del giornalismo digitale di Prato, Pier Luca Santoro, esperto di marketing, comunicazione & sales intelligence insieme al giornalista Marco Renzi hanno approfondito tale cambiamento di paradigma. Quest’ultimo afferma che la cosiddetta “rivoluzione digitale” non è una novità, ma piuttosto “è iniziata da vent’anni, mentre l’ultima micro-rivoluzione, quella del mobile, ha avuto luogo 4 anni fa, quando app e strumenti mobili erano ancora quasi sconosciuti”. Pier Luca Santoro riporta i dati del Digital News Report 2015 di Reuters che mettono Facebook tra le prime 10 fonti d’informazioni utilizzate, mentre i principali punti di partenza per la ricerca di news sarebbero i social media e la search. Il grave problema dei giornali nostrani è che: “Il marchio delle testate è diventato debole e i lettori cercano le notizie altrove. Purtroppo ancora oggi i giornali di carta sono online e sui social, ma non fanno parte della rete e dell’ecosistema sociale di internet. Gli editori vedono i social network solo come una discarica di link e di driver per incrementare il traffico”.

La maggior parte delle testate autorevoli utilizza questi canali considerandoli semplicemente “pattumiera” dove gettare qualunque tipo di notizia, senza spendere tempo in un lavoro che dovrebbe puntare soprattutto alla qualità. All’estero, per ovviare al problema, è emersa la figura del Social Media Editor: i giornali internazionali investono risorse creando veri e propri team di esperti che curano le piattaforme social dei diversi marchi. In proposito Santoro induce a una riflessione: “In Italia chi svolge questo lavoro è qualcuno interno alla redazione che ha principalmente altre mansioni. Le testate non hanno ancora colto la forza di una figura che deve avere specifiche competenze, in quanto ruolo strategico che agisce come punto di raccordo tra la testata e il marketing”. Oltreoceano, ma anche in Inghilterra, Francia, Germania i giornali traggono enorme guadagno puntando su tale modello di business, mentre nel nostro Paese non si prende seriamente in considerazione l’utilizzo dei social network. Sembra che la gestione delle piattaforme sia un’attività totalmente disgiunta dai marchi delle testate, nonostante queste sussistano nella rete e diffondano le notizie a loro nome. Quanti quotidiani pubblicherebbero le news che mettono in circolo sui social anche sulla carta? Santoro utilizza l’esempio di un articolo postato sulla pagina Facebook del quotidiano Il Messaggero, che fa emergere la scarsa cura nelle relazioni tra redazione e lettori, oltre che la mancanza di qualità nella scelta delle informazioni. Il lavoro di giornalista in Italia assume diverse connotazioni a seconda dello spazio in cui si sta agendo, per questo è particolarmente importante affidarsi a esperti capaci relazionarsi con il pubblico con lo scopo di costruire uno scambio costruttivo e guadagnare la stima dei lettori.

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Non solo Facebook, ma sono moltissimi i nuovi canali del web dove si trovano le notizie: anche WhatsApp è un valido strumento di circolazione delle news e di scambio di notizie tra gruppi ma il suo utilizzo istituzionale da parte dei publisher nostrani sembra rimanere sconosciuto. Una piattaforma come Twitter acquista il ruolo di amplificatore nella diffusione delle Breaking News, in quanto opportunità per giornali e giornalisti di far parlare di sé, ma come precisa Santoro: “I social non servono soltanto come amplificatori di notizie e nemmeno sono solo decorazioni per i marchi delle testate”. I canali social, avendo conquistato un ruolo centrale nella diffusione di notizie, andrebbero trattati con la stessa dignità e cura che viene riservata al prodotto cartaceo. Il numero di like e di condivisioni raggiunti da una testata non corrisponde al reale interesse di un lettore verso un articolo o un giornale, perciò gli editori pur avendo accumulato molti fan non dovrebbero dormire sonni tranquilli, ma piuttosto riflettere su un migliore utilizzo delle possibilità concesse dal digitale.

(Ludovica Brunamonti)

12. ottobre 2015 by maria cecilia
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