I punti non fermi dell’editoria digitale

Inizia oggi a Genova il laboratorio base di creazione ebook, fra dieci giorni andremo invece a Bologna, dove torneremo a inizio novembre per la fase avanzata (a Genova a gennaio del 2015). Ogni volta, quando sta per incominciare un nuovo laboratorio, mi chiedo cosa dirò ai corsisti. Può sembrare strano visto che sono anni che organizziamo questi corsi, ma chiunque lavori nell’editoria digitale sa bene che qua niente è fermo. C’è stato da poco l’evento Editech, trovate in rete una interessante cronaca di Alberto Pettarin, che si mescola a feedback sull’operato di IDPF, agli update di Adobe (che spesso assomigliano a degli spyware più che veri update), al lavoro di W3C sulle pubblicazioni digitali (tenuto sempre sott’occhio da Livio Mondini nella sua pagina sull’editoria elettronica accessibile), agli ambienti per l’editoria scolastica, grossi transatlantici che devono poi approdare allo stesso porto (e questo prima o poi sarà un problema) e poi alla progressiva implementazione di EPUB3, ai formati di cui pochi fino a poco tempo fa parlavano e che ora stanno entrando prepotentemente sulla scena, come SVG, e a tutto il mondo delle Web App e dell’accesso a contenuti on-line. E tutto questo senza entrare nel merito dell’oggetto di lettura, dello sviluppo dei tablet e degli e-reader. Tutti oggetti di cui, di volta in volta, di predice la morte, a rinascita, l’indiscutibile vittoria. Ah, sì, e poi la carta. Il libro, le riviste. Tutto questo meraviglioso minestrone digitale cambia, non dico ogni giorno, ma ogni settimana. Piccole, medie, grandi variazioni di un mondo che parte dal testo, abbraccia la gestione dei database, si tuffa nei metadati, maneggia immagini, marca vettori, spezzetta (virtualmente) mp3 e converte massivamente codec di questo o quel formato video. E scrive codice, tanto codice. Capite bene che dover progettare un laboratorio che parli di tutto questo annichilisce. Quale programma utilizzare? E per fare cosa? Ogni scelta sembra precluderne altre. Quando nel lontano 2008/2009 abbiamo iniziato a lavorare ai primissimi ebook di Quintadicopertina, il lavoro è stato fatto con un Word Processor. Un normale Word Processor con cui abbiamo generato il pdf interattivo e da cui abbiamo ottenuto alcune esportazioni HTML che, via Calibre, abbiamo poi convertito in mobipocket e ePub. Abbiamo utilizzato questo processo per due ebook, e una volta terminato il lavoro abbiamo detto mai più. Mai più. La sensazione di sconforto e di impotenza nel dover lavorare con un tool di conversione che creava qualcosa dove non avevamo chiaro come e dove mettere le mani per i necessari cambiamenti, o per inevitabili aggiustamenti e correzioni, è stata determinante per farci scegliere di invertire radicalmente il passaggio. Ci siamo seduti, abbiamo cercato fonti di formazione e abbiamo umilmente studiato le specifiche, i sistemi di marcatura, i linguaggi con cui si costruiscono ebook. E non solo quello: anche tutto quello che vive e si sviluppa attorno alle specifiche. Siccome buona parte delle cose che stanno sotto il cofano degli ebook non nascono per fare ebook, ma sono strumenti pre-esistenti, esistono già sofisticati ambienti di manipolazione e di lavoro per l’editore digitale. È facile imbattersi in un tool o in un linguaggio o in un vocabolario dtd nato in ambienti lontanissimi dall’editoria digitale, che si rivela l’uovo di colombo per lavorare massivamente su testi digitali di grande complessità. Quello che mostrerò nei laboratori saranno i minimi e massimi comuni denominatori del minestrone digitale di cui parlavo sopra. Perché per fortuna esistono alcuni punti non fermi da tenere d’occhio, che sono importanti ed essenziali proprio per la loro mobilità: XML, CSS, Javascript, SVG; ma anche Regex, XQuery, metadata, semantica. Che si passi dal mare di IDPF all’oceano delle Web App, usando le bussole di W3C o le benefiche correnti sotterranee di questo o quel tool di authoring, i punti non fermi sono quelli che permettono alla nave dell’editore/redattore/scrittore digitale di alzare o abbassare le vele, di calcolare con cura la rotta tenendosi lontani dagli scogli, di prendere a bordo la quantità di viveri necessaria per il viaggio. Perché il digitale non è solo un libro di carta digitalizzato. Il messaggio si sta svincolando dai media precedenti e genera nuove informazioni per il suo solo esistere. La narrazione – per sua natura – entra in ogni nuova forma di espressione e la modifica, e ne esce anch’essa modificata. Ed è un processo che tocca chi legge, chi scrive, chi pubblica. (I corsi di formazione/laboratori di cui parlo qui sopra partono oggi e si sviluppano per i prossimi mesi a Genova e Bologna. Per chi fosse interessato qui il calendario, qui il programma).

08. ottobre 2014 by fabrizio venerandi
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