Progetto Grafico 30: una recensione

progetto_grafico_1Sto finendo di leggere in questi giorni il numero 30 della rivista Progetto Grafico, uscito nel lontano autunno del 2016, e che – per diversi motivi – non ero riuscito a prendere allora. I numeri di Progetto Grafico sono sostanzialmente monografici e questo numero ruota attorno alle tecnologie aperte prendendo in considerazione soprattutto quelle digitali.
Il numero IMHO è davvero riuscito, non tanto perché riesca effettivamente a sintetizzare il tema proposto o coglierne un aspetto fondante, ma perché sceglie la strada opposta, ovvero di produrre una quantità di stimoli granulari fotografando di fatto una situazione quanto mai ricca e infotografabile.
Accanto ad alcune interviste interessanti (quella del programmatore di Processing o allo sviluppatore di openFrameworks) sono inserite molte schede brevi legate ad esperimenti, movimenti, azioni artistiche e di produzione del codice: font per programmatori, plotter condivisi, algoritmi per il DTP, inchiostri conduttori di elettricità, eye-writing, sciarpe stampate registrando gli encefalogrammi dei proprietari delle sciarpe stesse, twitter magazine, literate programming style… La lista è lunga e – appunto – estremamente stimolante.
È peculiare vedere anche come una rivista di grafica si interessi contemporaneamente ad arte e coding, mettendo sullo stesso piano il processo creativo che sta dietro a una installazione artistica e quello di una produzione di codice. Non che siano processi simili, ma sono entrambi essenziali. Di fronte agli asfittici dibattiti “umanisti vs tecnici” Progetto Grafico mostra la naturalezza di interscambio che c’è tra programmazione informatica, grafica, arte (prima o poi arriveremo anche alla letteratura).
Sfogliando il numero ho pensato che una rivista di informatica oggi dovrebbe essere più o meno come questo numero di Progetto Grafico, magari con una seconda parte più nerd sulla programmazione vera e propria: un punto fermo che analizza il mare in continuo divenire della rete, facendo emergere punti di tendenza, eccellenze, esperienze stimolanti.
Quello che facevano decenni fa cose come MCmicrocomputer e che altre realtà più recenti (Wired) non sono riuscite a fare con lo stesso rigore e acume.
Unico appunto, qualche imprecisione nelle traduzioni dall’inglese: I can write a game engine from scratch in C+++ si traduce con posso scrivere da zero il motore di un videogioco in C++ e non con un videogioco basato su Scratch si può fare in C++. Ma, nell’economia del numero, si tratta di poca cosa.

03. luglio 2018 by fabrizio venerandi
Categories: digitale & analogico, Programmazione | Leave a comment

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