Impaginatori di digitale #3

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Anni fa girava un video che diceva che – in soldoni – un libro o una rivista sono un iPad che si è rotto. “Tappi” e non succede niente. C’era questo bambino che toccava una rivista come si toccherebbe un iPad e siccome non succedeva niente diceva che il libro era rotto. Come certe cose di questo tipo il video ha girato sfruttando l’onda del “futuro della lettura” e della sostituzione della carta con il digitale, e ha imperversato in vari corsi di formazione oltre la sua naturale data di scadenza. Un po’ come quando sei con una persona, dici una cosa spiritosa e quella inizia a ridere, poi tu smetti e vedi che lei continua oltre ogni ragionevole tempistica.
Ecco, quel video mi è tornato in mente ieri sera mentre terzogenita mi mostrava raggiante il suo ultimo libro, “Un libro” di Hervé Tullet, comprato da terzogenita con la madre.
“Un libro” è la risposta più urbana a quel video virale del povero bambino lasciato troppo tempo davanti al tablet. In pratica nel libro ad un certo punto ci sono tre pallini gialli. Sotto, una scritta invita a strofinare il primo pallino a sinistra. Terzogenita lo strofina e gira pagina e il pallino è diventato rosso. Allora si invita a strofinare quello a destra. Terzogenita lo strofina e gira pagina e il pallino è diventato blu. Allora il libro invita a “tappare” cinque volte il pallino giallo rimasto. Terzogenita lo “tappa” cinque volte e gira pagina e il pallino giallo si è moltiplicato. E così via.
Bisogna scuotere il libro, inclinarlo, soffiarci sopra e – ci credereste? – i pallini colorati agiscono di conseguenza.
Mentre terzogenita lo “leggeva” io alle sue spalle recitavo le indicazioni e ridevo, splendido, pensavo, ecco la dimostrazione che quella cosa nascosta, quella che Barrie chiamerebbe il bacio nascosto all’angolo della bocca, quella cosa invisibile è in tutte le cose che riescono a catturarla: carta, inchiostro, codice, carne.

16. febbraio 2017 by fabrizio venerandi
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